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Museo Attivo delle Forme Inconsapevoli

Nel 1992 L’Istituto per le Materie e le Forme Inconsapevoli, in collaborazione col Servizio Salute Mentale della 16° D.S.L. (Genova Levante) e col Centro Sociale del Presidio di Quarto, nell’ambito del programma Disabilità/Riabilitazione, ha istituito il Museo Attivo delle Forme Inconsapevoli.
L’idea portante di questo Museo si basa sul presupposto che l’Arte può vivere la sua libera avventura nel mondo, al di fuori di schemi precostituiti o di classificazioni definite e che esiste come supporto creativo per una rinnovata socializzazione. In questo caso il Museo cerca di raccogliere, senza alcuna separazione, espressioni artistiche sia di persone con problemi psicopatologici, sia di artisti professionisti, che hanno liberamente aderito all’iniziativa: tutti accomunati dal profondo desiderio di comunicare, di partecipare il proprio universo interiore.

IL NOME DEL MUSEO
« … L’artista che sotto molti aspetti rimane
simile al bambino per tutta la vita, può
percepire più facilmente di chiunque altro il
suono interiore di tutte le cose … »
W. Kandinsky, Lo spirituale nell’Arte.
Le parole che formano il nome del Museo, sono emblematiche per una migliore comprensione del suo significato.

Il Museo si dichiara Attivo in quanto, oltre che come Centro pilota per la raccolta di opere difficilmente visibili e facilmente smarribili o deteriorabili – provenienti da atelier di Tecniche espressive italiani, stranieri ed interni al Presidio di Quarto – si pone come Spazio aperto e polifunzionale per assemblee, convegni, incontri sulle funzioni riabilitative della creatività (è prevista inoltre, una Sezione video per cinema, video d’Arte e video-documento sulle attività svolte). Il Museo è stato concepito come Luogo di feconda invenzione, in grado di veicolare idee atte a spezzare la sorda parete del silenzio che spesso si crea attorno alle disabilità mentali.

Attivo, perché non abbiamo costruito uno spazio «sacrale» dove si ammirino le opere in ossequioso silenzio, ma perché è nostra intenzione che, alla luce dei lavori esposti, si «attivino» incontri con giovani che studiano, con le persone che lavorano, come con tutti coloro che hanno una percezione sensibile della vita. In altri termini, tenteremo di fornire una verbalizzazione attorno alle denotazioni (cioè alle indicazioni, agli indizi) delle opere visive (che appartengono alla sfera delle terapie non-verbali), in modo da sviluppare una lettura personale che ci induca a confrontarci con diversi linguaggi espressivi.

Delle Forme, perché un Museo non può che raccogliere forme-segni, la cui qualità estetica è data dalla possibilità di fruirle in un contesto particolare e in uno spazio atipico come il nostro: gli oggetti significano a seconda dell’ambiente in cui vivono e là si dovrebbe cercare di coglierne il «suono interiore» come, poeticamente afferma Kandinsky.
Quindi, se la Forma è la veste della verità interna, attraverso una sua continua verbalizzazione, potrebbe essere evidenziata la differenza fra il pensiero discorsivo (esterno) e il funzionamento mentale (interno), che governa le espressioni artistiche. In questo senso va interpretato il tentativo di affinare la sensibilità, attraverso un contatto e un confronto costante ed «attivo» con le Forme che compongono gli oggetti e le superfici, per avvicinarci (basandoci su un’ecologia dell’esteriorità), ad una ecologia dell’interiorità e ad un recupero dell’immaginario.

Inconsapevoli perché, se nel fare artistico esiste una consapevolezza sulla forma e sul contenuto che l’artista si propone di raggiungere, nell’opera è contenuto anche un «quid», che sfugge all’artista stesso e parla, al di là del suo significato estrinseco, a tutti coloro che la osservano e che la osserveranno. Questa è la parte inconsapevole, il segreto dell’opera, il suo mondo interiore, ciò che spinge il nostro sguardo a tornarvi volentieri. Non si tratta soltanto di un piacere: infatti, oscuramente, percepiamo che l’opera può dar voce alla sua verità, ai suoi racconti, forse delle sue origini, mentre ascoltiamo l’eco di quel «suono». L’opera è un qualcosa in più, rispetto allo svelamento del mondo interiore dell’artista, in quanto ogni esperienza profonda di verità, cambia la nostra percezione delle cose e modifica il nostro vissuto.
Inoltre, se il destino dell’uomo può essere considerato un sentiero inconsapevole nella sua essenza, il Museo si propone come metafora di tale sentiero che può avere, per traguardo, la consapevolezza.
Ma nel momento in cui si acquisiscono nuovi fatti certi, nuove consapevolezze, nasceranno certamente altri dilemmi, altre inconsapevolezze, che ci faranno dirigere verso nuove mete.